martedì 24 marzo 2009

La Crisi della Provvidenza

Che la Provvidenza sia in crisi? Non so, non me ne intendo, può darsi
che si sia stufata anche Lei di star dietro agli affari di una banda
di pericolose creaturine viziate, presuntuose e dalle vedute a volte
anche ampie, ma troppo spesso corte, che si ostinano a trattare il
pianeta come il loro giocattolo.
Bisognerebbe forse chiederlo al papa, trattandosi forse di una cosa piu’ di sua competenza – certo piu’ dei sistemi che le persone usano per avere una vita sessuale senza, possibilmente, prendersi malattie (del resto, se uno ci tiene tanto alla difesa della vita, non potrebbe bastargli che qualcuno trovi il modo di non rischiare la propria? E’ la vita vivente, quella che bisogna proteggere, o quella che potrebbe teoricamente esserlo?).
Ad ogni modo non e’ del papa che mi interessava parlare, ne’ della Provvidenza, ma della crisi… se poi ce l’ha mandata Lei, be’, tante grazie: forse era ciò che ci
voleva.
Ci voleva perché, come diceva il buon Giorgio Gaber (ed a proposito
degli argomenti di competenza del papa) “…gli schiaffi di Dio
appiccicano al muro”. Ed è forse proprio di questo che avevamo
bisogno: di un bello schiaffo di quelli di Dio (o chi per lui….magari
la Realtà), che lasciano senza parole, che non è facile indicare da
che parte vengano, che difficilmente si possono rappresentare sulla
tela consunta della politica corrente, dipinta con i soli due colori
della Destra e della “Sinistra”, sempre più indefiniti e sempre meno
distinguibili all’atto pratico.
Uno schiaffo di Dio ancora di quelli minori, limitato all’economia -
una creazione umana, per quanto importante - ma ancora solo un
avvertimento se pensiamo a quali altri potrebbero seguire, se
dovessero venire dai sistemi climatici, biologici, bio-patologici,
dalle strutture vitali che preesistono all’umanità e che ne permettono
l’esistenza.
Gli schiaffi di Dio hanno la caratteristica che, quando arrivano, non
c’è più troppo tempo per riciclarli nel tritatutto del dibattito in
cui ogni cosa diventa metafora di qualcos’altra a cui rimanda e così via
permettendo sempre di far girare la giostra di nuovi consumismi (anche
culturali) magari mascherati o trasformisti. Gli schiaffi di Dio
appiccicano al muro: bisogna finalmente stare ai fatti ed agire,
salvarsi la pelle, magari dandosi una mano, se possibile, su basi
concrete.

Che si creda a una qualche idea di Dio o meno, non abbiamo certo
bisogno di scomodarne la figura per vedere da dove nasce la crisi che
ogni giorno sentiamo avanzare dalle notizie dei media: molto
semplicemente, la “società dei consumi”, come l’abbiamo conosciuta per
qualche decennio, non è che un accidente storico che si è potuto
verificare grazie ad una serie di circostanze (fortunate per alcuni e
tragiche per altri). L’economia da “boom economico” è un fenomeno
apparentemente possibile, ma in realtà solo per un breve periodo. E’
stato sufficiente, però, perché due o tre generazioni ci si
abituassero e vi si sviluppasse sopra un immenso sistema
economico-finanziario. Un sistema che ha bisogno, per sua stessa
natura di crescere senza fine e di progressivamente velocizzare questa
crescita; se non che, come scrive Stephen Jay Gould, “gli alberi non
crescono fino in cielo”. La base autenticamente economica, produttiva,
della crescita ha smesso da tempo di essere sufficiente ad un tale
ritmo e si è dunque dovuti ricorrere al “doping”, alla virtualità: a
dare la possibilità di spendere a chi non la si era data di guadagnare
per sostenere i consumi ancora un po’ al livello proprio delle fasi di
forte sviluppo e di lasciare che il mondo degli economisti e degli
speculatori si avviluppasse su se stesso rendendo terreno di
speculazione anche le proprie stesse supposizioni e scommesse su ciò
che avrebbe dovuto (?) essere.
Mi vengono in mente qui cartoni animati di Bip-Bip e Willy il Coyote
in cui il coyote insegue il bipede fino a superare l’orlo di un
precipizio e, non accorgendosene, per alcuni passi continua pure a
correre nel vuoto…. finché, rendendosi finalmente conto di non avere
in effetti nulla sotto piedi…. precipita.

Ora cominciano ad andare di moda le cose semplici, naturali…ecc.., ma, per
favore, cerchiamo di non banalizzare e non finire a creare nuove forme
di consumismo solo aggiungendo qualche nuovo colore alla limitatissima
tavolozza del mercato politico attuale: la crisi che sembra
affacciarsi adesso deve essere un’occasione da non perdere per
rendersi conto a fondo di ciò che ci ha portato fino a qui.
Il consumismo ha profonde radici nella nostra mente e nella nostra
psiche e l’incapacità di trovare senso nelle basi naturali di una
semplice esistenza armonica con le altre specie viventi e gli altri
popoli ha basi ben fissate nei presupposti della cultura occidentale e
moderna. E’ a questo livello, anche, che dobbiamo valorizzare la
“provvidenzialità” di questa crisi, che arriva ora che i danni sono
già, evidentemente, in fase abbastanza avanzata da portarcela, ma,
speriamo, forse non ancora così avanzata da portarci di peggio.
Sebbene a trarre i maggiori vantaggi da un sistema economico
consumista sia un’esigua minoranza di privilegiati ai vertici della
piramide, è altrettanto vero che a sostenere tale piramide è pur
sempre la base (il sistema è infatti detto “consumista” in quanto si
regge sui consumi delle masse, non sull’azionariato di maggioranza delle aziende): sta a noi cogliere l’occasione per salvarci oggi dalle conseguenze della crisi imboccando una strada che non sia pavimentata con gli stessi materiali
e che non ci riporti domani di nuovo al punto di partenza.
Bisogna rendersi conto della portata a tutto tondo del cambiamento
necessario e che un certo sforzo, coraggio e radicalità sono
necessari: la Decrescita è Felice, ok, ma se anche all’inizio non lo
fosse tanto? Dovremmo tirarci indietro per questo? O vorremmo forse
credere che possano bastare nuove tendenze artistiche e un diverso
tipo di locali per incontrarsi? (voglio dire, va tutto bene, non c’è
problema, ma manteniamo la lucidità per fare delle distinzioni tra ciò
che è il punto e ciò che è accessorio).

Dunque una forte crisi economica ha in effetti qualcosa di
“provvidenziale” perché sappiamo tutti che per cambiare davvero
qualcosa ci vogliono interventi seri, ma sappiamo altrettanto che non
c’è nessun governo e nessuna forza politica che si candiderebbe a
farne – come pure che difficilmente troverebbe il sostegno elettorale
necessario.
Ci vorrebbe dunque un intervento di autorità, un certo grado di
costrizione, e la disponibilità personale di gran parte dei cittadini
ad accettarla ed adeguarvisi, ma abbiamo altrettanto motivo di non
amare un tale tipo di autorità e di diffidare di situazioni in cui
vige una tale condiscendenza di massa. D’altra parte l’urgenza di
alcune svolte nei comportamenti a forte impatto ambientale è
stringente.
Allora la crisi potrebbe essere una buona maestra: capace di imporre
un mutamento di rotta per necessità (e poche cose comandano meglio
della necessità), ma al tempo stesso di imporlo in modo impersonale,
così che saranno il nostro stesso senso della realtà e la nostra
ritrovata lungimiranza ad indicarci le nuove strade che la crisi
potrebbe proporci come obbligatorie.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Grazie, queste riflessioni sono molto, molto forti e significative.