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Fa veramente
tristezza, una tristezza preoccupante, cio' a cui e' toccato
assistere in questi giorni intorno alle dichiarazioni di Guido
Barilla cira la sua non intenzione di fare spot pubblicitari che
equiparassero nuclei famigliari composti da omosessuali a quelli
"tradizionali": sia le reazioni, la sollevazione
pretestuosa e fuori luogo che ne e' derivata, il linciaggio
mediatico, sia - forse ancor piu' - la ritrattazione con ostentato
pentimento a cui ha deciso poi di sottoporsi.
Come ognuno puo'
verificare andandosele a rileggere sui numerosi articoli che le
riportano, le parole di Barilla non erano in alcun modo offensive nei
confronti degli omosessuali (diceva fin dall'inizio esplicitamente di
rispettarli), ma stavano solo ad esprimere la sua distanza ed
estraneita' da quel tipo di relazione come base per un modello di
famiglia, particolarmente il modello al quale intendeva rivolgere le
campagne pubblicitarie dei propri prodotti.
Avra' diritto chi
concepisce uno spot - ma altrettanto un film, un documentario ecc...
- di rappresentare quella parte della realta' che gli interessa di
rappresentare? O siamo ad una sorta di ennesima par condicio sociale
per cui in ogni opera e' diventato obbligatorio ribadire che
esistono-pure-e-con-pari-dignita' anche gli omosessuali (e magari
pure ognuna di tutte le altre minoranze che potremmo elencare) come
quelle avvertenze sugli effetti collaterali che vengono recitate di
corsa in modo appena comprensibile alla fine degli spot sui
medicinali? Non sara' piuttosto che certe presunte "verita'"
vengono ribadite in continuazione proprio perche' gli stessi che le
propagandano non sono affatto certi, in cuor loro, che siano vere?
Nell'affermare che la
famiglia formata dall'unione di un uomo ed una donna (e - per la
gioia dei progressisti - ci voglio aggiungere pure con certi
rispettivi ruoli, almeno in linea di massima) e' semplicemente la
famiglia come e' sempre stata ed e' tuttora nella stragrande
maggioranza dei casi, Barilla non ha detto altro che un'ovvia
realta'. Come e' altrettanto un'ovvieta' il fatto che all'interno di
questo modello ci sono di fatto una vasta gamma di situazioni diverse
possibili (certo non sempre positive o sane, come troppi fatti di
cronaca ampiamente dimostrano) ma ne' si tratta di un blocco
monolitico necessariamente caratterizzato da violenza e
sottomissione, ne' di un retaggio del passato desueto ed ormai
pressoche' scomparso, come la propaganda ormai dominante cerca ogni
giorno di farci credere. Non c'e' nulla di strano o di sorprendente
se un imprenditore sceglie di rivolgersi, reclamizzando i propri
prodotti, non ad una piccolissima minoranza di coppie omosessuali, ma
alla stragrande maggioranza delle persone. Barilla ha inoltre
espresso - peraltro contro il proprio interesse - un elementare
principio di democrazia e pluralismo dicendo che a chi non piacesse
questa politica commerciale e d'immagine, poteva benissimo preferire
di comprare i prodotti di altre marche.
Ha semplicemente
espresso la propria opinione, mostrando un'indipendenza culturale che
dispiace abbia poi ritrattato, se non altro, perche' e' ormai merce
rara, di cui si sente sempre piu' la mancanza. E' certamente vero,
come e' stato osservato, che nessuno gli aveva chiesto di fare spot
con famiglie di coppie omosessuali, ma lo e' altrettanto che non ci
sarebbe alcun bisogno di scatenare una tale valanga di reazioni piu'
che eccessive (con tanto di premi nobel che si scomodano a dire la loro) - altrettanto non richieste - ogni qual volta che
qualcuno si permette di dire la propria opinione su questi temi,
quando questa differisce da cio' che si pretende ormai debba essere
la nuova morale politicamente corretta ed obbligatoria.
Cio' che resta da
chiedersi, piuttosto, e' quanta democrazia e pluralismo sta rimanendo
in questo paese in cui e' ormai sufficiente esprimere un proprio
pensiero, se in contrasto con il mainstream progressista di certa
elite intellettuale e dei seguaci delle mode di turno, per essere
linciati a livello mediatico e speriamo ancora non anche ad altri
livelli. Sia ben chiaro che si e' trattato in questo caso di una
semplice espressione di opinioni in modo non offensivo, opinioni che
sono ancora proprie, peraltro, della maggioranza della gente in
Italia, e che, se anche non lo fossero piu', lo erano fino a
pochissimo tempo fa e percio' - qualora, come in questo caso e come
e' giusto che sia, non siano in alcun modo tese ad istigare a
violenze di alcun tipo - dovrebbe tuttora essere legittimo
esprimerle.
Purtroppo, e'
precisamente il caso di sottolineare dovrebbe,
dato che la legge sulla cosidetta "omofobia" (termine
quanto mai fuori luogo e volutamente fuorviante, non essendo la
disapprovazione di un comportamento necessariamente il frutto della
paura) sembra arrivare, se cosi' sara' approvata, a rendere illegali
e perseguibili penalmente perfino le opinioni in materia (peraltro,
solo se espresse da individui, mettendo al riparo chi si trincera
dietro l'appartenenza ad organizzazioni - ovvero trovando un
cerchiobottista compromesso con la Chiesa).
Siamo
di fronte ad un pensiero unico che ribalta la condizione di
discriminazione in cui gli omosessuali erano tenuti fino a poco tempo
fa e li sta facendo diventare il cavallo di Troia attraverso il quale
da un lato si da' fumo negli occhi a chi vorrebbe una societa'
davvero piu' equa, pluralista e rispettosa delle minoranze (per
tendere alla quale ci vorrebbe ben altro che questa parzialissima
questione male e spesso strumentalmente gestita a livello politico) e
dall'altro, soprattutto, apre la strada all'imposizione di una
omologazione del pensiero in nome di un progresso sbrigativamente e
superficialmente inteso che non esita a ricorrere sempre piu' spesso
al principio della caccia alle streghe, dei capri espiatori,
dell'isteria collettiva che giustifica limitazioni gravi e pericolose
della liberta' di parola e di opinione. Purtroppo, mi pare che gli
episodi che si stanno verificando ultimamente sempre piu' spesso, non
ultimo questo di Guido Barilla, mostrano quanto questa valutazione
non sia piu', purtroppo, ne' allarmistica, ne' esagerata.