mercoledì 30 luglio 2014

STOP TTIP!!!


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Iniziate nel 2013 e con la previsione di arrivare a conclusione alla fine di quest’anno, in questi mesi  stanno andando avanti le trattative sugli accordi TTIP (Transatlantic Trade and Investment Partnership, chiamato anche TAFTA = Trans Atlantic Free Trade Agreement) per la creazione di una sorta di mercato unico tra UE ed USA.

I contenuti di questi accordi vengono discussi praticamente in segreto, lasciando ai margini il Parlamento Europeo, ma con la partecipazione attiva ed influente delle Corporations multinazionali. Insieme a questo accordo transatlantico ne sta venendo discusso un altro analogo transpacifico, chiamato TPP (Trans Pacific Partrnership, tra, sempre gli USA e Australia, Canada, Giappone, Cile, Perù, Messico, Malesia, Singapore, Vietnam, Nuova Zelanda, Brunei). A partecipare alla discussione sui due trattati sono state invitate non meno di 600 multinazionali.

SEGRETEZZA
I documenti sui quali si discute sono accessibili solo ai team tecnici (di cui molti membri fanno parte, appunto, a nome delle multinazionali) e, per la parte politica, solo al Governo USA ed alla Commissione UE. Non è previsto che i Parlamenti ed i Governi degli Stati membri dell’Unione siano obbligatoriamente coinvolti né informati dell’andamento delle trattative ed il Parlamento Europeo (che è l’unico delle istituzioni coinvolte ad essere eletto direttamente dai cittadini) avrà solo un voto finale al termine del processo dei negoziati: un voto “prendere o lasciare”, senza possibilità di emendamenti.

GEOPOLITICA
Il TTIP è la risposta di un “impero americano” in forte difficoltà, se non ormai al tramonto, di fronte a ciò che minaccia nei fatti di sostituirlo nel quadro economico mondiale: l’area Mercosur sta rendendo progressivamente autonoma l’area delle economie sudamericane dal pluridecennale controllo statunitense, ma soprattutto l’asse tra Cina e Russia in crescente integrazione economica diventa un temibile concorrente verso gli USA nel diventare l’epicentro degli equilibri asiatici e mediorientali con una forte presa anche sull’Africa e pertanto un candidato più che probabile ad aggiudicarsi presto un ruolo di leadership mondiale. Si prevede che entro il 2020 la produzione combinata di Brasile, India e Cina supererà quella di Canada, Germania, Italia, Regno Unito e Stati Uniti messi insieme e che, entro il 2030, l’80% della classe media a livello mondiale vivrà in quelli che sono oggi chiamati i Paesi del Sud del mondo. E’ in questi Paesi che oggi le economie corrono, ed è facilmente comprensibile il perché, cioè perché è lì che oggi avviene quel “boom economico” che c’è stato da noi alcuni decenni fa quando una parte importante della popolazione è passata da una condizione di povertà al sistema dei consumi di massa. Così come è facile capire che questo non può essere un fenomeno prolungabile più di tanto o riproducibile ovunque più e più volte: dove tutto è stato già comprato e ricomprato, si comincerà necessariamente a comprare di meno e pensare di più alla qualità della vita: sarebbe una cosa logica, ma non sembra che le multinazionali ed i governi che le sostengano nell’imporre sempre politiche orientate al consumismo vogliano farsene una ragione.

In questo contesto di competizione globale gli USA cercano con questi accordi internazionali di assicurarsi attraverso delle basi legali il controllo sulle economie del maggior numero di Paesi, almeno di quelli già sviluppati ( e pertanto più interessanti) o di quelli che mostrano buone prospettive di diventarlo presto. E, mentre gli USA, perseguono questa via “aggressiva” di politica commerciale, l’Europa appare rassegnarsi a farsi terra di conquista, a tutto vantaggio delle sue elités capitaliste e con gravissime conseguenze per le imprese medio-piccole, per i lavoratori in generale, per la qualità del suo ambiente e del suo cibo. Il TTIP non andrà a vantaggio né degli americani né degli europei, se guardiamo ai cittadini, alla gente comune, ma aumenterà di una certa ulteriore percentuale, secondo stime statistiche probabilmente anche piccola, ma utile nella competizione globale sempre più serrata, i profitti di chi ha in mano le fila delle megaaziende e del business finanziario, che è spesso ancora di origine occidentale, ma che non ha ormai più alcuna appartenenza geografica o culturale ed ha solo il denaro  come suo mondo.

Gli accordi TTIP tendono a realizzare ad un grado che non ha precedenti il dominio delle multinazionali sul pianeta - o su quella parte di esso che gli si assoggetterà – e ripete così il tentativo già fatto a livello mondiale con gli accordi MAI (Multilateral Agreement on Investments) poi falliti in seguito alle enormi mobilitazioni sociali che gli si opposero in tutto il mondo, insieme a molti governi di Paesi poveri, che mettevano sullo stesso status giuridico aziende multinazionali e governi sovrani ed avrebbero imposto a questi ultimi, se approvati, di difendere gli interessi delle prime, sugli investimenti fatti, anche contro la volontà e le proteste delle proprie popolazioni.

Gli accordi TTIP rilanciano in Europa il tentativo già fatto in precedenza con la Direttiva Bolkenstein del 2004 e porterebbero a compimento il processo già avviato di dominio degli interessi del capitale finanziario attraverso le politiche di austerità e di smantellamento dello stato sociale indotte con la giustificazione della crisi del debito pubblico (sulla cui verità non mancano le ragioni di dubbio: invito ad informarsi sulla Modern Money Theory).

Alcune informazioni comunque sono trapelate sulle questioni chiave di questi accordi.

CONTENUTI
 
Il TTIP va nella direzione di una forte liberalizzazione, abbattimento di barriere, soprattutto delle «bar­riere non tarif­fa­rie» – sarebbe a dire tutte le regole e gli stan­dard che che l’UE si è data in mate­ria di nor­ma­tive ambien­tali, diritti dei lavo­ra­tori, sicu­rezza e sovranità ali­men­tare, ecc. – che è poi la sostanza della par­tita del TTIP (le bar­riere tarif­fa­rie tra UE ed USA sono già a livelli minimi e quindi non sono queste in realtà l’obiettivo di questi accordi).

Si dice che verranno favorite le esportazioni per le piccole-medie imprese, ma, stando al OMC (Organizzazione Mondiale del Commercio – in inglese WTO), delle 210.000 imprese italiane che esportano, il 72% delle esportazioni è detenuto dalle prime 10, quindi i vantaggi andranno pressoché del tutto a queste ultime, mentre l’arrivo di molti prodotti statunitensi (che devono rispettare standard meno esigenti) potrà penalizzare i nostri.

L’accordo, se approvato, avrà una seri di pesanti e preoccupanti ripercussioni sull’agricoltura europea e sul cibo che tutti mangiamo nonché sulla qualità degli ecosistemi nei quali viviamo. Certamente non solo sull’agricoltura, ma anche sui servizi, su ciò che rimane del welfare, sui diritti d’autore e sulla proprietà intellettuale, sui diritti dei lavoratori e molto altro. Ma, per limitarci a vedere da vicino alcuni aspetti che riguardano l’agricoltura, possiamo dire che:

- faciliterà l’ingresso in Europa degli OGM mettendo in questione il principio di precauzione (adottato in Europa dagli anni ’90 in seguito all’epidemia della “mucca pazza” e non previsto negli USA perché considerato “non scientifico”. In America gli è preferita la prova scientifica di nocività dei singoli prodotti e processi produttivi, la quale, ovviamente, può esserci solo una volta che il danno è già avvenuto, e se parliamo di contaminazione da OGM negli ecosistemi e mutazioni genetiche, il danno potrebbe anche essere immenso ed irreparabile. Detto di passaggio, negli USA, anche dopo del periodo della “mucca pazza” è rimasto permesso l’uso di grassi derivanti da carcasse di mucca nei mangimi per bovini). Negli Stati Uniti 70 milioni di ettari di terreno sono coltivati ad OGM ed il 70% degli alimenti in commercio contiene ingredienti transgenici e non c’è alcun obbligo di segnalarne la presenza sull’etichetta.

- aprirà il mercato UE alla carne di bovini alimentati con ormoni ed antibiotici o carcasse di polli trattate con il cloro (come è permesso negli USA e vietato in Europa dal 1997). Oltre il 90% della carne di manzo USA proviene da animali per la cui alimentazioni si fa ampio uso di ormoni e promotori della crescita bovina che in Europa sono vientati dal 1988 perché considerati cancerogeni. Una di queste sostanze è il cloridrato di ractopamina, un medicinale che serve a gonfiare la quantità di carne magra nei suini e nei bovini. Gli Usa considerano ingiustificato il divieto europeo di questa sostanza, sebbene sia stata bandita da 160 Paesi nel mondo. Altre sostanze analoghe sono gli interferenti endocrini, sostanze chimiche capaci di alterare il sistema ormonale umano: il livello massimo di contaminazione da queste sostanze attualmente fissato in Europa bloccherebbe il 40% di tutte le esportazioni alimentari USA verso il nostro continente – il che può farci immaginare che verrà alzato in seguito alla creazione del libero mercato.

- le aziende agricole USA sono in media 13 volte più grandi di quelle europee e devono rispettare molte meno regole di sicurezza alimentare: sono quindi molto più concorrenziali rispetto alle nostre (e ciò vale ancor più in Italia dove le aziende sono in media più piccole – 7 ettari - della media europea – che è di 12) e potrebbero così esportare carne a prezzo certamente più basso per i consumatori ma con la conseguenza della perdita del lavoro per molti produttori europei e di una alimentazione molto meno sana per i consumatori.

- Fuori dall’agricoltura, ma con pesanti conseguenze ambientali, va almeno citata la pratica del fracking per l’estrazione di gas e sabbie bituminose (altrettanto permessa negli USA ma sospettata di causare avvelenamento delle falde idriche ed in certi casi anche terremoti; negli USA sono stati aperti in un solo anno 11.000 nuovi pozzi per estrazioni con questo sistema, in Europa, grazie alle leggi attuali, solo una dozzina),

- Inoltre il TTIP renderà possibile per un grande investitore fare causa ad un governo per mettere in questione le sue leggi e politiche nazionali, anche in materia sociale o ambientale, se le ritiene lesive (anche in via presunta) dei propri investimenti fatti nel Paese (GRAZIE ALLE NORME ISDS = Investor-State Dispute Settlement). Il processo, secondo quanto è dato di sapere finora degli accordi TTIP, potrebbe essere intentato presso un tribunale speciale costituito ad hoc per queste controversie e con sede presso la Banca Mondiale, il diritto di intentare questo tipo di cause varrebbe per almeno venti anni mentre le sentenze di questo particolare tribunale non prevederebbero l’appello. Ci sono casi emlematici nell’ambito di accordi commerciali internazionali similari come quelli del NAFTA e dell’Organizzazione Mondiale del Commercio, come quello della Lone Pine, una azienda estrattiva californiana che ha chiesto un risarcimento di 191 milioni di dollari allo Stato del Canada per aver vietato il sistema del fracking per le estrazioni sul suo territorio al fine di proteggere l’ambiente e la salute dei cittadini, oppure la Philip Morris che ha una causa in corso con l’Australia per il divieto di stampare loghi pubblicitari sui pacchetti di sigarette a fini di prevenzione del cancro, ed ancora quello della azienda di energia nucleare svedese Vattenfall che vuole essere risarcita di 3,7 miliardi di euro dalla Germania per mancati profitti da due sue centrali nel Paese dopo che questa (in seguito alla tragedia di Fukushima) ha deciso di abbandonare l’uso dell’energia nucleare. E’ chiaro che la paura di trovarsi davanti a richieste di risarcimenti tanto ingenti da parte di persone a cui di certo non mancano le risorse per far valere i propri presunti diritti può creare forti resistenze da parte di molti governi a promuovere politiche di protezione sociale ed ambientale: questo significa che, per motivi economici, viene messa in forse e probabilmente limitata la stessa democrazia e la sovranità nazionale di ogni Paese, lasciando sempre di più il mondo intero ad uso e consumo delle multinazionali e di chi ne trae profitto.

Gli accordi TTIP hanno la potenzialità di cambiare sensibilmente la vita di tutti gli europei ma qui da noi se ne parla pochissimo. Quando la democrazia non è accompagnata da una informazione adeguata e trasparente, ne  lle società complesse come quelle in cui viviamo, di essa rimane poco più che l’apparenza.

Per ulteriori informazioni ed approfondimenti è utile vedere il sito della Campagna che riunisce una serie di assciazioni che si stanno mobilitando contro questi accordi:

www.stop-ttip-italia.net