Una volta si diceva "promessa da marinaio" per dire di un impegno preso da qualcuno a cui di certo non si poteva credere. Poveri marinai. E perché questo? Probabilmente perché spostandosi di porto in porto quel che valeva ora qui poteva non valer più in un altro momento altrove. Ma oggi sarebbe più adeguato dire "promessa da politicante", sia perché questi cambiano e negano ciò che dicono da un'ora all'altra, sia perché cambiano con facilità partito, casacca, coalizione, secondo le convenienze del momento. E quando non possono più cambiare (avendolo già fatto in tutte le combinazioni possibili) gli spazi nuovi in cui mettersi se li creano dal nulla: proprio dal nulla in termini di consenso elettorale (cioè di rappresentatività). E così abbiamo visto la processione, nei primi giorni delle consultazioni da Mattarella dopo la crisi di governo, di quella sfilza di gruppuscoli parlamentari di cui/che non abbiamo mai sentito parlare e che non rappresentano nessuno ma si danno nomi come fossero dei movimenti, costituiti in realtà dal continuo aggregarsi e separarsi di quei parlamentari entrati in parlamento perlopiù grazie a carriere interne ai partiti, alle liste elettorali bloccate, a favori, cooptazioni varie ecc.... che fanno e dicono di tutto e di più pur di giustificare la propria presenza lì e non perdere la poltrona con tutto ciò che l'accompagna. E d'altra parte non fanno altro, nel loro campo, di ciò che fanno molti altri nei loro, se appartengono a quel sottobosco che ruota intorno alle oligarchie, uniche detentrici dell'accesso ai ruoli significativi, affannandosi necessariamente per entrarvi.
Ma, data questa inaffidabilità intrinseca del soggetto umano detto "politico" non ci siamo di certo stupiti se, dopo che la Boschi e Renzi hanno affermato "se perdo mi ritiro dalla politica", invece ce li ritroviamo ancora saldamente in sella, l'una pure salita di grado sempre dentro al governo, l'altro dietro e sopra il palco a muovere i fili della sua nuova controfigura, che sta ora sulla scena a "portare avanti il percorso di riforme iniziato", lasciando così la copia originale a rimettere definitivamente (il suo) ordine dentro al PD (ci fosse mai rimasto per dimenticanza qualcosa "di sinistra") e prepararsi alle nuove lezioni (caso mai prima o poi le si dovesse proprio per forza fare) a cui vorrebbe presentarsi come "alternativo ai (non meglio definiti) poteri forti". Come gli sarà possibile rivendersi in questa veste è difficile capire, ma appunto ci vuole un po' di tempo per trovare il modo, rifarsi un'immagine e, per lasciarglielo, nel frattempo al governo ci deve pensare appunto a la controfigura.
Questa incoerenza dunque c'era da aspettarsela, per carità: siamo gente di (questo) mondo; viviamo nell'epoca della "post-verità": non pretenderemo mica che la parola valga ancora qualcosa!? Non ci scandalizziamo per così poco, naturalmente.
Ciò che va giù con un po' maggiore difficoltà, però, è che dopo una così palese sconfessione popolare della manovra istituzionale tentata da Renzi - che non si riduce certo al suo tentativo di riforma costituzionale - la controfigura Gentiloni non ci si presenta dicendo onestamente qualcosa come: "il rifiuto del progetto governativo è stato chiaro e segna il venir meno della rappresentatività del governo Renzi [il quale peraltro non è mai stato eletto] e di questo parlamento [eletto con un sistema poi dichiarato incostituzionale, secondo una Costituzione appena riconfermata dal voto popolare], quindi, essendo assurdo e demagogico, come fanno alcuni, pretendere che si possa votare immediatamente, non avendo una legge lettorale né decente né univoca per le due Camere [il che è un fatto, ed un fatto che purtroppo dimostra l'irragionevolezza o il populismo di M5S e Lega in questo passaggio, in cui sanno bene che ciò che dicono non si può fare, ma sanno anche che dirlo pagherà elettoralmente] io terrò in piedi un governo esclusivamente il tempo necessario per fare la legge lettorale che è possibile avere nel modo il più possibile rapido ed accettabile per tutti [cioè tornando al Mattarellum, eventualmente con qualche correzione se ci si riesce presto], e tornare nel giro di un paio di mesi a dar la parola agli elettori, come è giusto che sia a questo punto, se vogliamo chiamarci una democrazia degna di questo nome".
Non avrebbe potuto dire qualcosa di questo tipo? E si sarebbe pure preparato il terreno per ottenere poi un buon risultato elettorale, perché sarebbe stato un parlar franco, conseguente, e perché è ciò che la maggioranza della gente vuole, come il voto referendario ha mostrato chiaramente. E invece, in modo davvero paradossale Gentiloni ed il "suo" governo (pressoché identico al precedente) rivendicano, come programma, una esplicità continuità con quello presieduto da Renzi e l'intenzione di "portare avanti il lavoro che il precedente premier ha avviato" con la malcelata speranza/intenzione di arrivare a fine legislatura. Cosa che si augurano anche molti nelle pseudo-opposizioni.
Evidentemente si sta cercando, arrampicandosi sugli specchi se necessario, di continuare a portare avanti un disegno che viene da lontano, da lontano nello spazio, perché certamente non gli sono estranee forze della finanza globale, statunitensi ed europee, oltre che italiane (ma ormai possiamo dire semplicemente globali), che vogliono sistemi politici più efficienti per le loro esigenze. Evidentemente non basta che i governi ormai da almeno quarant'anni fanno solo ciò che vogliono queste forze globali, ma bisogna che lo facciano anche più presto, senza tutte queste lungaggini parlamentari, perché i tempi della finanza oggi sono veloci e la democrazia è una cosa buona da esportare, da imporre all'estero, insieme allo "sviluppo", cioè al consumismo e agli accordi internazionali sul commercio ecc..., ma che dove già è stabilita non c'è bisogno che sia troppo vera: basta che la gente ci creda, in teoria, e non serve nemmeno che poi a votare ci vadano in tanti.
Ed è un disegno che viene da lontano nel tempo, come minimo da quando Berlusconi - dopo aver resistito per vent'anni nonostante non so quanti processi, il conflitto di interessi, un chiaro discredito internazionale, conflitti interni alla sua coalizione, gli ex-DC e gli ex-PCI-PDS-DS che si sono messi insieme pur di togliergli il governo - nel giro di nemmeno un paio di settimane (e dopo aver visto i titoli delle sue aziende scendere rapidamente in borsa) ha accettato dall'oggi al domani di rassegnare le dimissioni a favore del GoldmanSachsiano Mario Monti, infilato in parlamento da Napolitano come senatore a vita una settimana prima di farlo presidente del Consiglio, il quale è passato subito a fare le politiche che ben sappiamo. Berlusconi dovrà essersi trovato davanti delle ragioni a cui non avrà potuto dire di no, evidentemente. Da allora gli equilibrismi si son susseguiti sia per tenere al governo personaggi non eletti che garantivano la prosecuzione dell'opera, sia per mantenere alla regìa generale dell'operazione il presidente Napolitano, evidentemente l'emissario nazionale dei poteri globali che hanno il vero interesse ai cambiamenti che in questi ultimi anni si è cercato di realizzare in Italia. Addirittura per la prima volta abbiamo avuto la rielezione per un secondo mandato di un presidente della Repubblica, il quale peraltro non ha smesso di farsi sentire nemmeno dopo aver lasciato la carica.
Nel quadro di questa regìa, i Monti, i Letta, i Renzi, ora i Gentiloni (?), ma con loro i vari comprimari di maggioranze e sedicenti opposizioni sono ora interpreti, ora comparse, dello stesso spettacolo che racconta lo stravolgimento di una democrazia, ovvero la formalizzazione anche nel diritto di quella gestione antidemocratica di una democrazia che ha lasciato sempre nelle mani di cerchie ristrette i privilegi di sempre, che ha dato forma ad uno dei Paesi con più bassa mobilità sociale dell'Occidente, in cui la regola dell'appartenenza a "gli amici degli amici" o alla classe di coloro che hanno i mezzi economici e gli agganci giusti per fare le cose è e resta la chiave, conditio sine qua non per l'accesso a qualsiasi cosa, a qualsiasi possibilità.
Così come Berlusconi non ha realizzato alcun cambiamento reale a beneficio pubblico nel suo ventennio, ma ha sempre perseguito quegli aggiustamenti utili ai suoi interessi ad personam, allo stesso modo, in questo quinquennio "Napolitanista" (con appendice Renziana), c'è qualcuno che ha visto cambiamenti significativi che abbiano migliorato la condizione della gente o del Paese in generale? Anche qui si è perseguito costantemente un solo disegno, che viene tutt'ora perseguito contro l'evidenza di una volontà divergente da parte dell'elettorato. Un disegno che mira a limitare la democrazia, a snaturarne la natura ed il significato. La differenza con Berlusconi è che ora anziché snaturarla per favorire l'interesse privato di una piccola cricca nazionale, la si tradisce a vantaggio di una grossa cricca transnazionale, globalizzata, anzi globalista, ma, su scala planetaria, perfino più ristretta ed elitaria.
Più moderna, però, più globale, più al passo con i tempi, più istruita, apparentemente più presentabile, senza dubbio. Non come quella "plebaglia reazionaria e localista" che ha votato Trump in America e la Brexit in Gran Bretagna, che non capisce l'evoluzione e la selezione naturale e insiste a difendere il proprio mondo piccolo e locale, solo perché è conosciuto ed ancora un minimo autogestibile. Chi si sente progressista non vuole mischiarsi con questa gente: gente che spesso sbanda per strada, col rischio di ammazzare qualcuno, ubriacandosi di razzismo, di prepotenza, di egoismo, dando retta a demagoghi criptofascisti, facili da ascoltare per la pochezza di ciò che dicono, che non porteranno che disastri se malauguratamente arrivassero al potere.
Non ci si può mischiare, e però, quanto a lungo potrà bastarci questo non mischiarci con costoro se il prezzo è accettare tante false chiacchiere sull'inevitabilità di certi passaggi, sull'impossibilità delle alternative, sui terribili rischi e catastrofi a cui andremmo incontro se li rifiutassimo (e che poi non avvengono più che accettandoli)?
A troppe finzioni si accetta di fingere di credere per conservare intatto un certo progressismo: anche che il fatto stesso di attribuirsene l'etichetta basti a vivere politicamente di rendita. Troppe di queste finzioni son passate grazie a tali etichette: ieri quella dell'antiberlusconismo, oggi dell'antipopulismo, dell'anti-antipolitica.... ma il risultato è che proprio ai governi di sinistra riesce meglio di far passare le politiche di destra. Ormai è un classico.
Vogliamo chiamarle "prese per il culo 4.0"? Forse ci aiuterà a sentirci meglio.
Ma il punto è che occorre pensare a qualcosa di diverso, di profondamente diverso. Al di là della della destra e la sinistra, al di là della modernità, al di là forse della stessa politica, se ci illudiamo che basti da sola a cambiare le cose.