Capita a volte, viaggiando per il mondo, di incontrare stranieri, soprattutto nordeuropei ed americani, nei quali si intuisce un’opinione verso gli italiani vagamente di non presa sul serio, come di persone anche simpatiche, ma inaffidabili, un po’ borderline, per così dire, rispetto al consesso del mondo occidentale.
Capita di vedere, a volte, qui da noi in Italia, gente che si sente molto patriottica, che farebbe qualsiasi cosa per mostrarsi quanto più possibile in linea con le direttive dei capi dell’Occidente, tradendo, a dispetto del proprio ostentato patriottismo, un complesso di inferiorità inguaribile per il quale nulla è mai abbastanza per riuscire a sentirsi un po’ più uguali a quegli uguali che nel mondo sono sempre un po’ più uguali degli altri.
La vicenda dei tre operatori di Emergency recentemente sequestrati in Afghanistan dalle forze di sicurezza del governo Karzai finanziate ed addestrate da una coalizione (eufemisticamente detta della “comunità internazionale”) di cui fa parte l’Italia, durante una operazione in cui tuttora non è chiaro quale parte abbiano avuto anche quei militari britannici che dirigono le operazioni di guerra nella zona interessata e, a giorni di distanza, ancora mantenuta fuori da ogni formalizzazione legale, di diritto, con capi d’accusa ecc… ha messo in evidenza in modo esemplare tanto la parzialissima e servile (oltre che strumentale) accezione dell’orgoglio nazionale da parte di alcuni dei nostri governanti quanto il risultato risibile che essa raccoglie in termini di considerazione da parte dei paesi alleati (sia quelli dominanti che quelli che si vorrebbero subalterni).
Davanti alle parole di Gino Strada secondo cui, se si fosse trattato di cittadini statunitensi, sarebbero tornati liberi in un quarto d’ora, il ministro Frattini ha saputo rispondere solo che sono frasi che non aiutano, ma sappiamo tutti che è la pura e semplice verità. E questo non è solo perché i miliardi di euro che l’Italia spende per sostenere un governo fantoccio (che neanche fa il suo mestiere in modo molto soddisfacente sembra) valgano meno di quelli degli americani, né perché l’avergli fornito un nuovo sistema giuridico per l’Afghanistan filo-occidentale e post-talebano sul modello di quello nostro abbia reso anche tale governo ipso facto incline a bypassare le proprie stesse leggi. Ma perché il problema di Emergency e l’origine dei suoi mali sta proprio nel dire pure e semplici verità che non aiutano: che non aiutano la strategia della coalizione occidentale che (anche secondo le nuove linee recentemente prospettate da Obama) si appresta a disimpegnarsi, ma non senza assestare qualche ultimo pesante colpo per (dar l’impressione di) vincere sul piano mediatico la guerra che non gli conviene più su quello militare. Oggi, come è sempre più evidente, la realtà che conta, che fa opinione, non è quella reale, ma quella virtuale della comunicazione di massa; almeno per noi che viviamo nei paesi ricchi da dove mandiamo i bombardamenti a distanza - un po’ meno per chi vive, appunto “a distanza”, e quelle bombe le subisce mentre non sa bene cosa significhi “virtualità”. In queste ultime guerre, in Iraq ed Afghanistan (ma anche in vari episodi in Israele), memori dell’esperienza del Vietnam, si è partiti con i giornalisti embedded al seguito de (o in dotazione mediatica a) le truppe; si è proseguito con l’abolizione tout cour dei giornalisti, fino alle azioni esemplari, terroristiche e punitive per quei pochi temerari che si intestardivano a fare il loro lavoro (vedi Giuliana Sgrena per fare un esempio).
Naturalmente, sebbene ci si stia preparando ad un assalto finale alle roccaforti dei Talebani prima di lasciare l’Afghanistan ai suoi prossimi quarant’anni (i primi già se li son fatti) di guerre intestine, ci si preoccupa pure di fare una bella figura, di non far sapere troppo in giro che si stanno ammazzando donne, vecchi e bambini ovvero chiunque capiti sotto le bombe insieme ai combattenti o presunti tali.
Dunque, per ottimizzare il silenzio stampa sulla realtà e lasciare solo la propaganda camuffata, occorre far un po’ di pulizia anche tra le ong umanitarie (qui è la guerra che è umanitaria, quindi bastano i soldati, no? Che ci stanno a fare queste ong se non per cercare visibilità pro domo propria? – questo almeno sembrava in sintesi il senso delle parole di Luttwak ad Annozero). Fare pulizia dunque tra chi sta sul campo in un ruolo diverso da quello giornalistico, ma ha l’impudenza di raccontare ciò che vede e di prendere anche una posizione. E questo è precisamente il caso di Emergency ed è ciò che anche altre ong che fanno lo stesso tipo di lavoro gli rimproverano.
Aggiungiamoci che la ong di Strada si mantiene allo stesso tempo imparziale sul piano pratico curando i feriti di tutti gli schieramenti ed inattaccabile professionalmente garantendo standard di eccellenza, che si sottrae al ricatto dei governi affidandosi al sostegno dei cittadini che credono numerosi nel suo lavoro e che, in fin dei conti, è diretta da questi pacifisti italiani che non si mai bene da che parte stanno….ed ecco che la montatura e la calunnia sono servite. Pronte per togliersi dai piedi una presenza scomoda laggiù e per screditare determinate posizioni politiche qui.
Come abbiamo visto nelle parole di Frattini e di La Russa i nostri patriottici governanti hanno colto subito l’occasione per ostentare un’insinuante equidistanza da tutte le ipotesi e perfino lasciando intendere che da chi non è da una parte c’è ben da aspettarsi che stia dall’altra. Nella trasmissione Annozero il nostro ministro della Guerra ha mostrato chiaramente qual’è l’uso interno che si intende fare di questa vicenda: quello di tracciare una chiara linea di demarcazione tra chi è “dei nostri” a sostenere inequivocabilmente “i nostri ragazzi” e chi, sì, ha un passaporto italiano e quindi ci tocca interessarci, ma è un po’ meno “uguale” sta lì solo a farci fare brutte figure, a farci passare per un po’ meno “uguali” tutti quanti.
Quelle brutte figure che nessuno dei nostri patrioti dell’Italia Occidentale vorrebbe mai fare: perfino una voce spesso equilibrata come quella di Sergio Romano si è sprecata in una filippica fuori luogo e fuori merito nella trasmissione RadioTreMondo (Rai) per dirci che Emergency proviene dalle lotte sessantottine dunque i suoi membri hanno quel tipo di formazione e dunque non garantisce la neutralità che si richiederebbe a chi gestisce un ospedale in zone di guerra come invece sarebbe nella tradizione della Croce Rossa ecc…. Caro “ambasciatore Romano”…..e allora? Con questo? E’ di questo che i tre sono accusati? Di cosa effettivamente ancora non lo sappiamo, ma se non è di questo, allora questo cosa c’entra, scusi?
Capita a volte di non capire quale sia il senso e gli intenti delle persone che godono di rispettabilità quando qualcuno che si è messo volontariamente fuori dal coro si trova in seria difficoltà. Specialmente se costui rischia di far fare brutte figure a tutti.
Ma capita a volte, anche a chi come me non se ne è mai posto la questione, di sentire un certo senso di orgoglio nell’essere italiano quando si capisce che se possiamo essere considerati inaffidabili da chi comanda le operazioni imperialiste dell’Occidente, è anche perché qui c’è ancora un po’, per fortuna, una varietà di posizioni, anche radicali, che a tutt’oggi resistono. Spesso sopite, spesso solo latenti, ma ancora vive, come ci mostrano le 350.000 adesioni all’appello di Emergency, l’adesione generosa alla manifestazione del 17. Una testimonianza di resistenza per la quale possiamo esser ancora un po’ fieri della nostra sussistente inaffidabilità.
sabato 17 aprile 2010
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