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Iniziate nel 2013 e con la previsione di arrivare a
conclusione alla fine di quest’anno, in questi mesi stanno andando avanti le trattative sugli accordi TTIP (Transatlantic Trade
and Investment Partnership, chiamato anche TAFTA = Trans Atlantic Free Trade Agreement) per la creazione
di una sorta di mercato unico tra UE ed USA.
I contenuti di questi accordi vengono discussi
praticamente in segreto, lasciando ai margini il
Parlamento Europeo, ma con la partecipazione attiva
ed influente delle Corporations multinazionali.
Insieme a questo accordo transatlantico ne sta venendo discusso un altro
analogo transpacifico,
chiamato TPP (Trans Pacific Partrnership, tra, sempre gli USA e Australia,
Canada, Giappone, Cile, Perù, Messico, Malesia, Singapore, Vietnam, Nuova
Zelanda, Brunei). A partecipare alla discussione sui due trattati sono state
invitate non meno di 600 multinazionali.
SEGRETEZZA
I documenti sui quali si discute sono accessibili solo ai team tecnici
(di cui molti membri fanno parte, appunto, a nome delle multinazionali) e, per
la parte politica, solo al Governo USA ed alla Commissione UE. Non è previsto che i Parlamenti
ed i Governi degli Stati membri dell’Unione siano obbligatoriamente coinvolti
né informati dell’andamento delle trattative ed il Parlamento Europeo (che è
l’unico delle istituzioni coinvolte ad essere eletto direttamente dai
cittadini) avrà solo un voto
finale al termine del processo dei negoziati: un voto “prendere o lasciare”,
senza possibilità di emendamenti.
GEOPOLITICA
Il TTIP è la risposta di un “impero americano” in forte
difficoltà, se non ormai al tramonto, di fronte a ciò che minaccia
nei fatti di sostituirlo nel quadro economico mondiale: l’area Mercosur sta rendendo
progressivamente autonoma l’area delle economie sudamericane dal pluridecennale
controllo statunitense, ma soprattutto l’asse tra Cina e Russia in crescente
integrazione economica diventa un temibile concorrente verso gli USA nel
diventare l’epicentro degli equilibri asiatici e mediorientali con una forte
presa anche sull’Africa e pertanto un candidato più che probabile ad
aggiudicarsi presto un ruolo di leadership mondiale. Si prevede che entro il 2020 la produzione
combinata di Brasile, India e Cina supererà quella di Canada, Germania, Italia,
Regno Unito e Stati Uniti messi insieme e che, entro il 2030,
l’80% della classe media a livello mondiale vivrà in
quelli che sono oggi chiamati i Paesi del Sud del mondo. E’ in questi Paesi che
oggi le economie corrono, ed è facilmente comprensibile il perché, cioè perché
è lì che oggi avviene quel “boom economico” che
c’è stato da noi alcuni decenni fa quando una parte importante della
popolazione è passata da una condizione di povertà al sistema dei consumi di
massa. Così come è facile capire che questo non può essere un fenomeno
prolungabile più di tanto o riproducibile ovunque più e più volte: dove tutto è
stato già comprato e ricomprato, si comincerà necessariamente a comprare di
meno e pensare di più alla qualità della vita: sarebbe una cosa logica, ma non sembra che le multinazionali ed i governi che le sostengano
nell’imporre sempre politiche orientate al consumismo vogliano farsene una
ragione.
In questo contesto di competizione globale gli USA cercano con questi accordi
internazionali di assicurarsi attraverso delle basi legali il controllo
sulle economie del maggior numero di Paesi, almeno di
quelli già sviluppati ( e pertanto più interessanti) o di quelli che mostrano
buone prospettive di diventarlo presto. E, mentre gli USA, perseguono questa
via “aggressiva” di politica commerciale, l’Europa appare rassegnarsi a
farsi terra di conquista, a tutto vantaggio delle sue
elités capitaliste e con gravissime conseguenze per le imprese medio-piccole,
per i lavoratori in generale, per la qualità del suo ambiente e del suo cibo. Il
TTIP non andrà a vantaggio né degli americani né degli europei, se guardiamo ai cittadini, alla gente comune, ma aumenterà di una
certa ulteriore percentuale, secondo stime statistiche probabilmente anche
piccola, ma utile nella competizione globale sempre più serrata, i profitti di
chi ha in mano le fila delle megaaziende e del business finanziario, che è
spesso ancora di origine occidentale, ma che non ha ormai più alcuna
appartenenza geografica o culturale ed ha solo il denaro come suo mondo.
Gli accordi TTIP tendono a realizzare ad
un grado che non ha precedenti il dominio delle multinazionali sul pianeta - o su quella parte di esso che gli si assoggetterà – e ripete così
il tentativo già fatto a livello mondiale con gli accordi MAI (Multilateral
Agreement on Investments) poi falliti in seguito alle
enormi mobilitazioni sociali che gli si opposero in tutto il mondo, insieme a
molti governi di Paesi poveri, che mettevano sullo stesso status giuridico
aziende multinazionali e governi sovrani ed avrebbero imposto a questi ultimi,
se approvati, di difendere gli interessi delle prime, sugli investimenti fatti,
anche contro la volontà e le proteste delle proprie popolazioni.
Gli accordi TTIP rilanciano in Europa il
tentativo già fatto in precedenza con la Direttiva Bolkenstein del 2004 e porterebbero a compimento il processo già avviato di dominio degli
interessi del capitale finanziario attraverso le politiche di austerità e di
smantellamento dello stato sociale indotte con la giustificazione della crisi
del debito pubblico (sulla cui verità non mancano le ragioni di dubbio: invito
ad informarsi sulla Modern Money Theory).
Alcune informazioni comunque sono trapelate
sulle questioni chiave di questi accordi.
CONTENUTI
Il TTIP va nella direzione di una forte
liberalizzazione, abbattimento di barriere, soprattutto delle «barriere
non tariffarie» – sarebbe a dire
tutte le regole e gli standard che che l’UE si è data in materia di normative ambientali, diritti dei
lavoratori, sicurezza e sovranità alimentare, ecc. – che è poi la sostanza
della partita del TTIP (le barriere tariffarie tra UE ed USA sono già a livelli minimi e quindi non sono queste in realtà l’obiettivo di
questi accordi).
Si dice che verranno favorite le esportazioni per le
piccole-medie imprese, ma, stando al OMC (Organizzazione Mondiale
del Commercio – in inglese WTO), delle 210.000 imprese italiane che esportano, il
72% delle
esportazioni è detenuto dalle prime 10, quindi i vantaggi andranno
pressoché del tutto a queste ultime, mentre l’arrivo di molti prodotti
statunitensi (che devono rispettare standard meno
esigenti) potrà penalizzare i nostri.
L’accordo, se approvato, avrà una seri di
pesanti e preoccupanti ripercussioni sull’agricoltura europea e sul cibo che
tutti mangiamo nonché sulla qualità degli ecosistemi nei quali viviamo.
Certamente non solo sull’agricoltura, ma anche sui servizi, su ciò che rimane
del welfare, sui diritti d’autore e sulla proprietà intellettuale, sui diritti
dei lavoratori e molto altro. Ma, per limitarci a vedere da vicino alcuni
aspetti che riguardano l’agricoltura, possiamo dire che:
- faciliterà l’ingresso in Europa degli OGM mettendo in questione
il principio di
precauzione (adottato in Europa dagli
anni ’90 in seguito all’epidemia della “mucca pazza” e non previsto negli
USA perché considerato “non scientifico”. In America
gli è preferita la prova scientifica di nocività dei singoli prodotti e
processi produttivi, la quale, ovviamente, può esserci solo una volta che il
danno è già avvenuto, e se parliamo di contaminazione da OGM negli ecosistemi e
mutazioni genetiche, il danno potrebbe anche essere immenso ed irreparabile.
Detto di passaggio, negli USA, anche dopo del periodo della “mucca pazza” è
rimasto permesso l’uso di grassi derivanti da carcasse di mucca nei mangimi per
bovini). Negli Stati Uniti 70 milioni di ettari di terreno sono coltivati ad
OGM ed il 70% degli alimenti in commercio contiene ingredienti transgenici e
non c’è alcun obbligo di segnalarne la presenza sull’etichetta.
- aprirà il mercato UE alla carne di bovini
alimentati con ormoni ed antibiotici o carcasse di
polli trattate con il cloro (come è permesso negli USA e vietato in Europa dal
1997). Oltre il 90% della carne di manzo USA proviene da animali per la cui
alimentazioni si fa ampio uso di ormoni e promotori della crescita bovina che
in Europa sono vientati dal 1988 perché considerati cancerogeni. Una di queste
sostanze è il cloridrato di ractopamina, un medicinale che serve a gonfiare la
quantità di carne magra nei suini e nei bovini. Gli Usa considerano
ingiustificato il divieto europeo di questa sostanza, sebbene sia stata bandita
da 160 Paesi nel mondo. Altre sostanze analoghe sono gli interferenti
endocrini, sostanze chimiche capaci di alterare il sistema ormonale umano: il
livello massimo di contaminazione da queste sostanze attualmente fissato in
Europa bloccherebbe il 40% di tutte le esportazioni alimentari USA verso il
nostro continente – il che può farci immaginare che verrà alzato in seguito alla
creazione del libero mercato.
- le aziende agricole USA sono in media 13
volte più grandi di quelle europee e devono rispettare molte meno regole di
sicurezza alimentare: sono quindi molto più concorrenziali rispetto alle nostre
(e ciò vale ancor più in Italia dove le aziende sono in media più piccole – 7
ettari - della media europea – che è di 12) e potrebbero così esportare carne a
prezzo certamente più basso per i consumatori ma con la conseguenza della
perdita del lavoro per molti produttori europei e di una alimentazione molto
meno sana per i consumatori.
- Fuori dall’agricoltura, ma con pesanti
conseguenze ambientali, va almeno citata la pratica del fracking per l’estrazione di gas e sabbie bituminose (altrettanto permessa negli USA ma sospettata di causare
avvelenamento delle falde idriche ed in certi casi anche terremoti; negli USA
sono stati aperti in un solo anno 11.000 nuovi pozzi per estrazioni con questo
sistema, in Europa, grazie alle leggi attuali, solo una dozzina),
- Inoltre il TTIP renderà possibile per un
grande investitore fare causa ad un governo per mettere in questione le sue
leggi e politiche nazionali, anche in materia sociale o ambientale, se le ritiene lesive (anche in via presunta) dei propri
investimenti fatti nel Paese (GRAZIE ALLE NORME ISDS
= Investor-State Dispute Settlement). Il processo, secondo quanto è dato di
sapere finora degli accordi TTIP, potrebbe essere intentato presso un tribunale
speciale costituito ad hoc per queste controversie e
con sede presso la Banca Mondiale, il diritto di intentare questo tipo di cause
varrebbe per almeno venti anni mentre le sentenze di questo particolare
tribunale non prevederebbero l’appello. Ci sono casi emlematici nell’ambito di
accordi commerciali internazionali similari come quelli del NAFTA e
dell’Organizzazione Mondiale del Commercio, come quello della Lone Pine, una
azienda estrattiva californiana che ha chiesto un risarcimento di 191 milioni
di dollari allo Stato del Canada per aver vietato il sistema del fracking per
le estrazioni sul suo territorio al fine di proteggere l’ambiente e la salute
dei cittadini, oppure la Philip Morris che ha una causa in corso con
l’Australia per il divieto di stampare loghi pubblicitari sui pacchetti di
sigarette a fini di prevenzione del cancro, ed ancora quello della azienda di
energia nucleare svedese Vattenfall che vuole essere risarcita di 3,7 miliardi
di euro dalla Germania per mancati profitti da due sue centrali nel Paese dopo
che questa (in seguito alla tragedia di Fukushima) ha deciso di abbandonare
l’uso dell’energia nucleare. E’ chiaro che la paura di trovarsi davanti a
richieste di risarcimenti tanto ingenti da parte di persone a cui di certo non
mancano le risorse per far valere i propri presunti diritti può creare forti
resistenze da parte di molti governi a promuovere politiche di protezione
sociale ed ambientale: questo significa che, per motivi economici, viene messa
in forse e probabilmente limitata la stessa democrazia e la sovranità nazionale
di ogni Paese, lasciando sempre di più il mondo intero ad uso e consumo delle
multinazionali e di chi ne trae profitto.
Gli accordi TTIP hanno la potenzialità di cambiare sensibilmente la vita di tutti gli europei ma qui da noi
se ne parla pochissimo. Quando la democrazia non è
accompagnata da una informazione adeguata e trasparente, ne lle società
complesse come quelle in cui viviamo, di essa rimane poco più che l’apparenza.
Per ulteriori informazioni ed approfondimenti è utile vedere
il sito della Campagna che riunisce una serie di assciazioni che si stanno
mobilitando contro questi accordi:
www.stop-ttip-italia.net
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