martedì 29 aprile 2008
Sequoi@
Sulla home page del mio sito, al quale questo Blog è collegato (www.ecofondamentalista.it), ho messo il disegno stilizzato di un grande albero. Potrebbe essere qualsiasi specie di grande albero, per esempio……una sequoia.
Anzi…. una Sequoi@.
Una sequoia virtuale, telematica, utile a comunicare, simbolica.
Come simboliche sono quegli enormi, altissimi alberi di questa specie che si trovano in America. Alte oltre cento metri. Chissà quanto lontano si può vedere da lassù!
Più che alberi devono essere un mondo, per l'ombra che fanno sotto di sé, che crea l'ambiente adatto ad altre piante più basse, per tutti gli insetti, uccelli, mammiferi e rettili che le abitano, per la vita dei microrganismi, per la composizione del terreno cui danno luogo... Perché, se è vero che le radici di un albero corrispondono a più della sua chioma sotto terra, fin dove potranno mai arrivare le radici di una pianta simile ?
Ed anche noi non siamo poi così diversi da loro: anche noi siamo un intero mondo, corpo/mente.
Basta sedersi ed osservare per un po’ la propria mente, sentire il proprio corpo, respiro, sensazioni, stati d’animo. Basta sedersi e subito s’alza il vento che soffia attraverso i nostri pensieri, ricordi, aspettative, giudizi, idee, amori, rancori…. Così come soffia tra i rami e le foglie del grande albero, che lo conosce e sta lì, radicato nella terra e, se abbastanza vecchio, neanche si scuote più.
Sì, perché la vera grandezza di questi alberi è nel tempo, ancor più che nell’altezza.
Com’era il mondo quando son nati come esili pianticelle?
L’Impero Romano, il Rinascimento, invenzioni, rivoluzioni, la “scoperta” dell’America, le vittorie e le sconfitte di innumerevoli generazioni di esseri umani e non: non sono altro che momenti e stagioni per un grande e vecchio albero.
Che tuttavia è anche oggi un essere vivente: contiene ancora cellule morte che hanno respirato l’aria di migliaia di anni fa, ma le sue cellule vive di oggi non sono le stesse di allora: è un processo, un cambiamento lento e continuo che non si è mai fermato. E c’è una vulnerabilità, la possibilità di ammalarsi, di morire oggi forse, la certezza che ciò avverrà un domani.
Così come è per noi, nelle nostre più brevi vite, che non siamo gli stessi di quando eravamo bambini, e neanche di ieri in realtà, ma che crediamo al nostro Io che non sapremmo bene definire in cosa o dove si trovi, ma in cui lo stesso ci identifichiamo e che ci svanirà come nebbia al sole quando moriremo.
Così mi piace, come la Sequoia, guardare tanto più lontano tanto più mi radico nella Terra e su questa commistione dei miei limiti con essa mi baso e mi reggo.
Ma non mi reggo da solo.
Per questo la lettera finale ho voluto scriverla con la @.
Perché, come il monolite vegetale è sostanza organica e tornerà un giorno alla terra, i miei pensieri di contadino dissenziente cercano in una rete in cui diffondersi il loro esito. La rete dei pensanti che, di qualunque forma abbiano le foglie, in ultima analisi affondano le loro radici nella stessa Terra in cui le affondo io.
Per essere sincero per un attimo ho avuto anche un accenno di antipatia all’idea di identificarmi con le grandi sequoie. A dire il vero è il fatto che si trovino a vivere negli U.S.A. che un po’ mi disturba perché credo che la funzione internazionale che svolge quel paese oggi, dal punto di vista ecologico e politico, sia tra i mali più gravi che affliggono il nostro pianeta.
Ma presto mi son consolato, pensando che dal punto di vista di piante millenarie come quelle, l’ “impero americano” non è che un ragazzino turbolento e viziato che ultimamente sta un po’ disturbando la pace della foresta volendo giocare con cose troppo più grandi di lui, ma che presto passerà, come tante altre cose prima…..
Spero che le sequoie possano davvero veder lontano.
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