Il sistema attuale estende la portata dell’orizzonte sul quale agiscono i propri meccanismi ed effetti (economici, sociali, ambientali, culturali…) a livello mondiale. Questa sua universalizzazione richiede, per gestire il mondo che crea ed i suoi problemi, un livello di istruzione, di consapevolezza e di cultura generalmente diffusa tra la popolazione, adeguato ad una tale portata.
Ma al contempo un tale sistema, per mantenersi nelle sue dimensioni gigantesche di produzione e di consumi, ha bisogno che una grande parte della sua popolazione sia dedita alla produzione-consumo e non all’intelligenza dei complessi fenomeni in atto.
Che questa sia la realtà per una notevole percentuale della popolazione è indispensabile per garantire la ricchezza a sua volta necessaria a finanziare tra l’altro anche il livello e la diffusione della ricerca e della conoscenza richieste agli addetti ai lavori per poter gestire e fronteggiare meccanismi così complessi.
Questo fa sì che in questo sistema i problemi siano sempre più complicati e che, se pure una ristretta cerchia di esperti e intellettuali fossero in grado di venirne a capo (il che è tutto da dimostrare data anche la crescente discrepanza tra esperienza e teorie astratte dovuta sia alla dimensione dei problemi sia alla formazione specialistica degli “esperti”), le loro soluzioni si scontrerebbero con l’indifferenza delle masse che non ne coglierebbero i presupposti, rendendole di fatto inapplicabili.
E tutto ciò diventa ancor più grave se pensiamo che in regime di democrazia mediatica, ovvero nella “società dello spettacolo” ( che è parte integrante di un tale livello di sviluppo) è molto più probabile che a gestire problemi così immensi siano persone prive della competenza necessaria piuttosto che appartenenti a quella ristretta elìte intellettuale.
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