martedì 24 luglio 2007

Globalizzazione

Ieri sera una amica mi parlava di un conoscente italiano che ha una fabbrica di ceramiche “di Deruta” fatte in Romania dove lavorano operai vietnamiti venuti lì a sostituire quelli rumeni che sono emigrati a lavorare in Italia;…una cosa normale, no?
Chissà, forse con i soldi guadagnati questi operai asiatici manderanno soldi a casa e le loro famiglie ci compreranno merci tradizionalmente usate in Vietnam, ma ora provenienti dalla Cina e prodotte da bambini nel Bangladesh.
Del resto ricordo che già alla fine degli anni ’70, quando ero un ragazzo e giravo l’Europa in autostop, mi diede un passaggio un camionista che riportava in Spagna un carico di sardine pescate nel paese iberico che pochi giorni prima erano già state trasportate in Italia per farle inscatolare.

Cos’è questa? La dinamicità del mondo moderno in cui tutto è in evoluzione continua? Un mondo giovane in continua crescita? Il sistema liberista del capitalismo avanzato che crea lavoro ovunque si sposti? L’opportunità per tutti di uscire dall’angustia di superati contesti tradizionali e mischiare le culture in un entusiasmante melting pot globale?
Quando sento questa versione della lettura del mondo attuale mi sembra di guardare una pubblicità della Coca-Cola.
Basterebbe chiedere alle aziende di pagare una piccola percentuale dei danni sociali causati dall’inquinamento di tanti mezzi di trasporto, dalle condizioni di lavoro di operai con assunzioni a breve termine pagati da fame e in condizioni igieniche più che a rischio, dallo sradicamento culturale di gente spostata qua e la per il mondo correndo dietro all’illusione di un benessere da discount, per arrestare di colpo tutta questa brillante dinamicità.
Cosa guadagna un contadino tribale a spostarsi dal suo villaggio di montagna per finire in uno slum a raggranellare pochi dollari a settimana sbattendosi tutto il giorno in mezzo alle discariche, l’asfalto e i gas di scarico?
Cosa aveva guadagnato quel camionista – che non dormiva da due giorni per fare un viaggio in più per pagare il mutuo del camion – rispetto a suo padre che faceva il pescatore?
E se mai un giorno lo ‘sviluppo’ raggiungesse anche la gente del Bangladesh, in quale posto del mondo questa troverebbe il proprio popolo da sfruttare?

Io, se in mezzo a questa corsa sfrenata al massacro che mi vedo sfrecciare intorno, mi fermo un attimo a pensarci, posso solo essere grato alla saggezza dei nostri antenati per aver dato la possibilità ad ogni successiva generazione di vivere per così tanti secoli in un modo tanto lento ed uguale a sé stesso, da arrivare fino a noi moderni che ora abbiamo l’irripetibile occasione, giunti all’apice del “progresso”…. di dimostrare quanto siamo stupidi.

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